Poesie vincitrici dell’VIII edizione 2014 del premio di poesia Baderna
1^ classificata
Storie di pianura
di Fabrizio Bregoli – Cornate
Restano i nomi, pronunciati per abitudine
distrattamente, obliqui serbano gli echi dei luoghi,
i riverberi – tre cantoni, feniletto si sotto,
il mulino del conte, la vecchia filanda, la seriola –
o neppure restano per i cascinali rossi
diroccati, nell’alternarsi di muschio e gramigna.
Qualche racconto tramandano i vecchi
sottovoce; se verità o mito
più nessuno sa dirlo:
Zaira verde bendata, passo di riccio,
la più abile a domare le mosche con le mani
o Pietro, pelle tabacco arsa dal sole,
smorfie di sorriso come carezze di vanga
o Diletta immobile nella sua sedia di giunco
o Demetra la bigotta, Nando il pazzo, Vittorio
e lei – per chi sa – nata quella notte, vissuta
nello spazio fra i primi vagiti e il silenzio,
battesimo consumato su occhi di madre, soltanto.
Sono le ferite della terra, appena più profonde
nel reticolo fessurale, nel duro delle zolle.
Le diresti durare, per un’ora più lunga di sole,
le leviga poi un breve scroscio di pioggia.
Sono le storie catturate nei cerchi dei tigli
che le annodano ai tronchi, in riva ai fossi
per preservarle forse…
e mentre sfiorata dal plettro del tempo
più alta ne avvampa la voce
non ho che labbra di sabbia
mani di paglia.
2^ classificata
Distinguo appena
di Angelo Taioli – Voghera
Distinguo appena il sentiero,
confuso in un selvatico di fragole
offerte ad ortiche
e fitte foreste di felci e rami
schiantati in abbracci di rovi.
Mi addita la roccia del fulmine
il passo tra i rododendri,
fin dentro il cerchio di fuoco dei funghi
– e arrivo al radore.
Arrivo e mi perdo…... sulla soglia
di muschio delle baite scoperchiate,
al crocicchio di travi annerite che reggono
capriate di nuvole chiare,
finché mi prende per mano un odore
e ridona memorie
di rumini scampananti, saliva
d’erba, sudore e letti di fieno…..
E’ qui – terramore – che ancora
m’attendi ? Qui che ogni giorno
ridici il mio nome?
(in questo recinto d’aria in questo
silenzio di caglio di tempo
trafitto dal tonfo dei ricci?)
Nel vento che riapre strapiombi e scopre
il grembo della valle e il torrente
che brilla indifeso verso il mare
in tempesta di un’altra settimana…...
Domani torneranno le formiche
sotto scorta a lavorare
dietro il filo spinato del cantiere,
per muovere la talpa gigantesca
e squassare quiete di quarzi,
vene di granito e d’amianto,
destare spettri di radon e d’uranio,
rimbombi di mazze ferrate in fossili
spirali di conchiglie, per stuprare
immacolate sorgenti, per spargere
il sangue dei mirtilli su rotaie
veloci, per piantare agli uccelli
altri alberi elettrici.
3^ classificata
Pensieri scalzi come invisibili spiragli
di Ortino Moreschini Gaia – Firenze
Adagio pensieri nudi
su un bisbiglio di cielo;
calme, silenti
tenebre risvegliano
invisibili spiragli.
Sottobraccio,
le strade se ne vanno;
delicati solfeggi le colline
sfiorano finestrelle d’orizzonte.
Nel silenzio di tegole contorte, echeggiano,
su davanzali di ceppi accesi,
pensieri che procedono scalzi,
tra profili che si spengono
in sillabe scarne di voce.
Pure, tra graffi di malinconia
il pensare scivola
nel mondo chiassoso,
nell’incandescenza
d’una frattura apparente;
varchi e chiarori
inseguono e svezzano
lunghi silenzi.
Le nervature dei miei pensieri
allora si spezzano, d’improvviso
dilagano in spazi trasversali,
con esiti di vertiginosa libertà.
Ed io ci sono,
come dopo un lungo sbadiglio,
mentre il buio
mi si sbriciola sul viso
e le emozioni
crescono in lampi e trilli,
colori, meravigliati destini
Premio speciale della giuria alla memoria della poetessa Anna Ferreri
a Vecchia casa di Catolfi Angela di Treia (Macerata)
C‘è un tempo per tornare
tra radici disseccate di pietre e fatiche
che respirano ancora
a folate tenere e malinconiche.
Ricordi ammucchiati odorano di zolle,
di granai, di mucchi di fieno,
di piccoli fuochi accesi negli orti,
di aromi trafugati da persiane socchiuse.
Richiami improvvisi
di panni che svolazzano al sole,
del mormorio di una fonte
mescolarsi ai sussurri di foglie,
di qualcosa di me rimasto
ad errare per questa strade.
Da crepe agonizzanti inseguo
la danza delle ombre allo sfavillio del camino:
ceppi bruciano pensieri ormai stinti,
mentre ad una ad una si dipanano
sembianze di persone amate,
rumori di piatti e cassettiere,
la voce di mia madre che mi chiama.
Nelle tasche del suo grembiule
ritrovo briciole di pane,
le sue mani piene di insonnia
cullano le mie braccia
col battito lieve delle ali d’un angelo.
Paziente continua a cucire il nostro passato
sulle trame di una tela di lino,
ricamando con occhi commossi
i lineamenti degli anni vissuti.
Vecchia casa dalle ringhiere senza più vernice
e dai muri che affondano nell’edera;
i miei passi suonano solitari al vento
che rotola lontano ombre e soli di stagioni perdute,
lembi di cielo sfuggenti, avanzi del mio ieri.